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La classe operaia è andata in paradiso?

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Messaggio Da DaliaNera Mer Apr 16, 2008 6:36 pm

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I Comunisti non esistono più. Il che significa che la Classe Operaia è morta.
Dall’ultima tornata elettorale i rossi sono usciti con le ossa rotta. Nessun seggio in parlamento per Bertinotti, Diliberto e quant’altri.
Alcuni dicono: “in nome del voto utile”, altri dicono: “troppe sinistre, nessuna sinistra”.
Io dico: Comunisti inutili, via i comunisti.
Inutili, esattamente. Spiego perché.
La tradizione comunista ortodossa (quella marxista-leninista) ha dei dogmi ideologici che alcuni definiscono “sorpassati”. La definizione migliore, secondo me, è quella di “non più accettati”. Il perché è presto detto.
Al tempo in cui Proudhon additava la proprietà privata come furto era facile fare proseliti: la maggior parte della popolazione mondiale non aveva idea del significato di proprietà. Spesso neppure padrona di se stessa, la massa proletaria vedeva nella ridistribuzione equa e meritocratica dei beni l’unica opportunità per affrancarsi dalla miseria nera che li sterminava.
Messa così il comunismo foriero di radicale ateismo si travestiva da rivelazione di un nuovo dio.
Tutti felici col necessario, e così sia.
La realtà storica è ben diversa.
Inevitabilmente, forse anche come merito collaterale del comunismo, i beni si sono più o meno equamente distribuiti. Il processo consumistico ha livellato nei decenni ricchi e poveri, concentrati in una classe borghese a “sfumature”.
Il che, da lontano, sembra lo sfogo naturale di una società utopistica. Ma da vicino le cose cambiano.
La società consumistica ha trasformato ampie compagini sociali in un sottoprodotto di loro stesse.
Il nervo scoperto del nuovo ordine mondiale si chiama: produci in fretta, consuma in fretta.
In questa ottica l’idea del lavoro come nobilitatore dell’uomo viene meno, anzi è fesso chi fatica.
Non vale la pena, giustamente, lavorare bene se poi chi usufruisce del tuo lavoro non lo apprezza.
E poi, tutti possono arrivare in alto.
“Be leader of yourself”, si va delirando oggi. Ma i fatti dimostrano che in ogni struttura verticistica si è sempre sottoposti a qualcun altro. Tristemente.

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E allora senza ricorrere alla meritocrazia ideale per arrivare dove voglio non è necessario essere migliori: l’importante è sembrarlo.
Ed è lecito riempirsi l’esistenza di costose ed inutili facezie, che sembrano colmare il vuoto tra l’uomo ed i suoi (ma sono davvero i suoi?) desideri. Ecco perché esistono gli status symbol, un simbolo, cioè, dello stato a cui appartengo.
Ma se un operaio da 1200 euro al mese + assegno familiare possiede e mantiene una berlina da 1900 cm cubici di cilindrata dal costo di 40.000 euro può significare due cose: o per 30 mesi non ha mangiato, non ha pagato bollette, non ha messo benzina nella sua macchina nuova fiammante o ha pagato a rate.
Ma se uno status symbol può essere pagato a rate, significa che potenzialmente tutti abbiamo lo stesso potere d’acquisto.
Allora che differenza c’è tra un imprenditore illuminato ed un operaio alla catena di montaggio?
E se anche è vero che ognuno ha le stesse possibilità, e pur certo che non tutti hanno lo stesso potere.
Se poi ci aggiungiamo che il “leader of myself” mi convince che l’altro di sicuro non è meglio di me allora il comunismo, oggi, a che serve?
Potrebbe servire a sfatare l’illusione, perché un operaio che si indebita per 40 anni è un operaio povero con i ninnoli di un imperatore.
Il comunismo oggi potrebbe servire a ripristinare l’idea che la giustizia è un equilibrio non solo sociale, ma UMANO.
Che progresso ed evoluzione non sono necessariamente lo stesso treno, anzi spesso non sono nemmeno sullo stesso binario.
Che la felicità non si misura in PIL e che il benessere non è una buona pressione arteriosa e fitness a gogo.
Che il cemento non si mangia, ed il bene più prezioso che abbiamo è l’orizzonte.
Non dovrebbe dire ad un uomo come migliorare la propria posizione sociale.
Dovrebbe dire a tutti che le posizioni sociali sono un bluff e che non esistono poteri buoni.
Allora si possono accettare due verità: la prima è che nel cuore dell’essere umano c’è, alla fine del cammino, un reale desiderio di giustizia che ripulisca la mente ottenebrata dai falsi bisogni e la nutra delle reali necessità, la seconda è che homo homini lupus.
Allora schiatta, mio prossimo.
Il mio plasma da 60 pollici dipende dalla tua disfatta.
Si mediti anche sul fatto che le false rappresentanze sono sparite insieme allo spettro delle vecchie ideologie.
I Verdi, ad esempio, non ci sono più. Da ciclista dovrei essere angosciato.
Invece dico: bene, Vaffanculo. Almeno smettono di fare piste ciclabili.

Cris(istenza)
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