Il mio folle Giro senza chimica...
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Il mio folle Giro senza chimica...
Si è messo in testa un'idea meravigliosa e folle, ripulire il ciclismo da solo (o quasi). Ha cominciato l'anno scorso, percorrendo l'intero Tour de France, il giorno prima della corsa vera, per dimostrare che l'impresa è fattibile senza aiuti chimici, anche a una persona "senza un particolare talento", come lui stesso dice di sé. Quest'anno ha deciso di triplicare: Giro d'Italia, Tour de France e Vuelta di Spagna, circa 10.100 Km da oggi al 20 settembre, 14-15 giorni e mezzo sulla sella, se saprà mantenere medie prossime ai 29 km/ora che ha totalizzato nel suo "Altro Tour" lo scorso anno. Per curiosità, il vincitore dell'edizione 2007 del Tour ha concluso la sua corsa a 39 all'ora di media, l'ultimo, il belga Van Sevenant, 141o, ha chiuso a 37,6 circa....
Il moderno Don Chisciotte è un giornalista francese, Guillaume Prebois, 36 anni, con un passato da ciclista junior, e un campionato locale vinto nella sua Val D'Oise, il tutto culminato poi in una lunga militanza amatoriale, anche in Italia dove una sua traversata degli Appennini da Nord a Sud è stata pubblicata dal magazine del Touring Club. Oggi, nel primo pomeriggio, affronterà, con 24 ore d'anticipo, la cronometro di Palermo, 28 km (segui la diretta del giro di Prebois). Poi, continuerà, sempre sfasato di un giorno rispetto alla corsa vera, ma con una differenza: per lui saranno tutte "crono".
Dura senza l'aiuto del gruppo, senza l'effetto scia...
"E non potete immaginare quanto. E poi c'è il traffico. Anche per questo chiedo un po' d'aiuto ai media, perché si sappia quello che sto facendo, e molti cicloamatori vengano a pedalare, anche solo per 10 chilometri per darci un cambio".
Ha già ricevuto qualche adesione?
"Ce ne sono due in particolare, che mi preme ricordare. La prima è quella di Antonio Pieretti. E' una persona incredibile, L'anno scorso ha stabilito un primato assoluto, 25 ore e 15 minuti senza mai scendere dalla bici, sulla pista di Camaiore. Sarà con me nella prima parte del Giro. Poi c'è un amatore siracusano, che ha attraversato tutta la Sicilia in treno, e sarà con me domani, per la prima tappa da Cefalù ad Agrigento; poi tornerà a casa con i mezzi pubblici. Un grande".
L'anno scorso com'era andata?
"Avevo avuto molto seguito, gente che si alzava all'alba per venirci incontro... Qualche volta si creava un effetto alla "Forrest Gump", che a un certo punto si mette a correre e tutti gli vanno appresso. Quest'anno spero ne avrò ancora di più, perché dell'"Altro tour" si sono occupate televisioni di tutto il mondo".
Domanda quasi ovvia: chi glielo fa fare?
"Il mio intento è difendere sempre l'etica dello sport pulito, del ciclismo in particolare. Soprattutto quando ci si accorge che, ancora una volta, dopo un inverno di buoni propositi e chiacchiere, si ricomincia con le solite polemiche. E con il doping. Per quello, l'anno scorso, ho deciso di fare il mio Tour "a pane e acqua", per dimostrare che una persona normale, soltanto ben preparata, e io percorro 30mila km all'anno, è in grado di farlo, e senza che il suo organismo subisca conseguenze. L'anno scorso ho fatto da cavia: sono stato seguito dall'ospedale di Tolosa, i dati raccolti sono stati utilizzati in una tesi di medicina generale. Alla fine, è stato appurato che nulla, nel mio organismo, era cambiato dopo il tour..."
Lei però, ha voluto persistere, addirittura di triplicare l'impegno.
"Mi è stato detto che una sola corsa in un anno non faceva testo, che una cosa era prepararsi per venti giorni, e un'altra per una stagione intera, che non avevo alle spalle la fatica del ciclista vero. E così, con l'aiuto del medico della nazionale su pista francese, Jean-Marie Lagarde, e con lo specialista mondiale studio del sonno, Christian Bourbon studieremo le conseguenze fisiologiche del sovrallenamento".
Chi l'accompagna?
"C'è mio padre alla guida dell'ammiraglia. Ci sarà poi un informatico, che aggiorna la diretta della mia corsa sul mio sito in tempo reale. Non avrò né un massaggiatore, né un meccanico".
Ha avuto qualche problema, l'anno scorso? Con il traffico, di fatica...
"L'episodio piu traumatizzante è accaduto su un passo pirenaico di più di 2000 metri, il Col de Pailhères. Era freddo, pioveva e non mi sono coperto in discesa. Avevo le maniche corte, non riuscivo più a disegnare le curve, a pilotare... Ero quasi paralizzato, avevo le labbra blu e c'era ancora un arrivo in quota.... E' stato terribile".
Altri problemi...?
"Correvo un giorno in anticipo rispetto alla gara. In un giorno di riposo ho incrociato alcune squadre del Tour professionistico nel mio albergo. Ho saputo dalla reception che qualcuno a me sconosciuto aveva chiesto di me. La mattina, a colazione, non ho bevuto niente e sono letteralmente fuggito."
Che cosa intende?
"Che avrebbero potuto mettere qualcosa in una bevanda e fregarmi. Io ho aderito al programma ADAMS, (quello dell'Unione ciclistica internazionale che prevede reperibilità e controlli a sorpresa per i professionisti n. d. r.): solo durante il Tour mi hanno controllato otto volte, bastava veramente poco. Da un momento all'altro, comunque i test, mi aspetto i test anche qui, al Giro".
Torniamo all'inizio, il doping: un male inestirpabile?
"E' un problema serio, radicato. E te ne accorgi anche da semplice cicloturista: entri in un bar e il barista che ti riempie la borraccia automaticamente ti chiede: 'vuoi che ti metta la ... super?'"
Quindi, non solo a livello di corridori top?
"L'altro giorno, leggevo su un giornale la notizia di tre cicloamatori toscani sospesi per due anni. Ma lo sa qual è la cosa più assurda? Che per chi si dopa a questi livelli c'è l'isolamento, il castigo sociale, nessuno li va a ripescare mentre per i professionisti è l'opposto: guardi l'accoglienza che hanno riservato a Ivan Basso..."
Ma lei continua a seguire il ciclismo pro?
"Lo guardo per accorgermi che non cambia mai nulla, cambiano tutto per lasciare le cose come stanno. Ci dicono che hanno fatto piazza pulita e ci troviamo ancora, ad inizio stagione, con dei casi di doping. E il problema sa qual è? Che il fenomeno è diffuso a tutti i livelli, anche tra i giovanissimi, con la differenza che i ragazzi rischiano molto di più, perché per ovvie ragioni di diversa disponibilità sono costretti al fai da te, non hanno il medico specializzato alle spalle."
E la gente crede sempre meno al ciclismo e lo abbandona...
"E io dico che il ciclismo è meraviglioso, perché consente di viaggiare, anche con la fantasia, davanti alla tv, nelle regioni attraversate dalla gruppa. Eppoi, nel gruppo c'è gente che non bara. Di sicuro, stanno facendo di tutto per farlo morire: sono dieci anni, dallo scandalo Festina al Tour de France del 1998, che dicono che il sistema deve cambiare, e poi si va avanti sempre allo stesso modo. Io non penso che il ciclismo morirà mai, ma certo la sua credibilità è ai minimi termini. Ci vorranno, che ne so, 50 anni, prima che si riprenda...".
Lei ha nel suo carnet svariate imprese da grande cicloturista. Un sogno nel cassetto...
"Il giro del mondo in ottanta giorni in bicicletta"
Si può fare?
"Penso proprio di sì".
(9 maggio 2008)
Di Arturo Tocchi, fonte:LaRepubblica.it
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