Franck Vandenbroucke. Quando vivere è un male oscuro

A 34 anni è tempo di fare di farsi due conti.
Un posto lontano e non familiare può rivelarsi quello giusto, può rivelarsi la pista per la mente sgombra.
Allacciare bene le scarpe e partire in scioltezza, analizzando e sperando di inquadrare le risposte giuste o meglio: le domande giuste.
Una vita passata a spingere sui pedali, a fare di tutto per essere il meglio ed avere in grave peso di non deludere quelli che credono in noi. E il più delle notti passate a sognare di essere una mosca, appiccicata al vetro dell'esistenza e spiare in maniera cosciente le nostre opinioni su noi stessi.
Anche l'amore, quella cosa antieroica che ci cresce dentro, può essere un pugno in pieno viso quando non siamo pronti alle nostre scelte. Che spesso diventano scelte di qualcun'altro.
E allora altri sbagli, altri rancori. Altre notti a sperare di poter essere meglio di quanto siamo, essere quello che abbiamo sempre lasciato credere.
Ma altre volte, ancora più spesso, sono quelle promesse non mantenute del destino che ci fanno sanguinare.
Ogni volta che abbiamo vissuto, odiato, amato, rincorso, lasciato...ogni volta che siamo stati pupazzi nelle mani del fato aspettando quell'aiuto, quella distrazione, che un dio misercordioso non farebbe mancare alle sue pecorelle disubbidienti nel momento di maggior bisogno, dopo tanto penare.
Ma le risposte non arrivano, e il lupo è solo più delle stelle sotto le quali continua a spingere con le gambe stanche.
Poi c'è la disperazione di non aver mai saputo ascoltare.
E allora tutto quello di cui c'è bisogno è un ultimo carico d'aria prima del viaggio più lungo.
In direzione ostinata e contraria.




http://www.gazzetta.it/Ciclismo/13-10-2009/addio-vandenbroucke-501600446934.shtml

Cristiano